SON GIA' PARTE DELL'AGIAD



Son gentile e cerco di essere anche abbastanza rispettoso e educato, ascoltando le parole altrui e dialogando per quel che posso e fin dove la ragione mi conduce, ma quando si toccano certi interessi non c'è più niente da fare: tutto si chiude a riccio in me, in una giustificata autodifesa e per conseguenza sparo offese e insulti, magari non evidenti ma sempre comunque pensanti e pregiudizievoli, che vanno a smentire il bel percorso di vita condotto fin ora. Là dove non posso agire, avanza lo sguardo, e dove anche lo sguardo non può arrivare ad oscurare, ecco che il pensiero sfreccia a dardo infuocato. Non c'è più alcuna pietà, non c'è ombra di comprensione e di condanna fino a prova contraria. Sono ormai pronto ad essere arruolato in difesa del mio mondo, che pur piccolo, si erge a comando, luogotenente di chi come me comincia a pensarla. Sono disposto, almeno in teoria, a tutto, e al contrario di tutto, basta ottenere vittoria. Già, son già parte dell'Agiad, o comunque la si chiami, mi son spiegato?
 
 


CAVALCAR I DEBOLI RENDE POTENTI

 
 
Ce ne siamo o non ce ne siamo ancora accorti, che chiunque cavalca i deboli ha un cavallo vincente, sul quale puoi scommettere a occhi chiusi che vincerà per te? Noi forse non ce ne siamo ancora accorti, chi di noi invece è più scaltro ha già capito, scelto e intrapreso questa scelta supervincente. Schierandosi per i deboli e battagliando per loro, sarai risarcito al massimo, al meglio e all'ottimo. Le ONG l'hanno capito e mai detto, come segreto di stato, per mantenere il loro stato - economico, soprattutto - e poi hanno chiamato in causa lo stato nelle emergenze, che se ne facesse carico. Cioè, hanno scaricato i veri poveri, a favore dei veri ricchi: loro stessi, che si arricchivano sulla pelle dei deboli. Mascherare la carità con la compassione fa attingere con le emozioni alle tasche dei donatori che pensando fare cosa buona e giusta offrono le loro oblazioni per una causa che alla fin fine si riduce ad arricchir chi è già ricco e a sfruttar chi diventerà ancor più povero. E tutto questo tacitando, a suon di denaro, anche la coscienza, diventata ormai la credenza piena di cibo per chi già ne ha.
 


CHI MI AMA MI ESEGUA

 
 
Seguire una persona o un ideale con amore non ha senso, se non a una condizione: quella della libertà. Cioè alla condizione di non lasciarsi mai condizionare. Molti dicono che amano, ma sono succubi; altri dicono di amare, ma dominano. Chi ama una persona, deve dare a quella la possibilità di amarla in libertà, in verità. Come si fa? Attraverso non il semplice seguire alla moda delle pecore, ma interpretando, eseguendo questa sequela traducendola in concreto. Io amo veramente e seguo una persona quando eseguo quel che di lei mi è regalato e lo applico alla vita, eseguendo il suo esempio non passivamente, ma incarnandolo nel mio modo di essere. Eseguendo la sua musica di amore con il cuore, con la mente e con l'animo che sono propri di me, del mio vissuto e del mio carattere, con i miei pregi e i miei difetti. A nostra volta, se davvero amiamo una persona, la controprova che il nostro è vero amore la vediamo non nel fatto che ci segue, ma da come sta eseguendo nella sua vita quella musica che gli abbiamo regalato.
 
 


FARE O NON FARE LO STRONZO?

 
 
Fare o non fare lo stronzo? Espressa così, la domanda già in se stessa apre al settore fisiologico, ricordando a noi stessi di guardarci dalla stitichezza, che creerebbe disagio in noi non certo trascurabile. Quindi, posta così la domanda, la risposta è chiara: dobbiamo assolutamente fare lo stronzo: per noi è la cosa più naturale e fisiologicamente salutare, per avere un corpo sano. Ma oltre a questo, se è vero che il corpo sano fornisce a noi la possibilità di avere anche una mente sana, un sano ragionare, ecco che passiamo al livello psicofisico. Allora, cominciamo a dire che non dobbiamo più fare lo stronzo. Ma non ci siamo ancora. Dobbiamo entrare nel livello umano, risalendo dal basso dello stronzo fatto - e aggiudicato - a un altro modo, a un altro verbo da usare in questo caso: non dobbiamo essere stronzo. E qui superiamo ogni livello terreno e entriamo nello stronzo della coscienza: cioè quello che produciamo non più in basso, ma facendolo uscire dall'alto di noi: dal cervello, dalla testa. Per cui, si può capire quando uno ti dice che hai la faccia da stronzo. Quindi, in conclusione: fai lo stronzo, sì; ma non essere stronzo, né in te, né verso gli altri, né verso questo nostro mondo.
 


SIAMO ETERNI O DI PASSAGGIO?

 
 
Non danniamoci l'anima, perché l'anima prima che si danni ce ne vuole, eccome. Perché il corpo la potrà contaminare e infangare fin che vorrà, ma alla fine lui finirà, proprio come è iniziato, e quindi il suo potere sull'anima non sarà mai assoluto, come mai lo è stato. Anche il più Giuda, impiccando il suo corpo al cappio della propria fine, riconosce di fatto e per forza questa affermazione. Mentre l'anima è eterna, e prima di dannarcela ce ne vuole. Potrebbe essere possibile, ma proprio con tutta l'anima...ma con tutta l'anima, non avremo più il corpo che la condiziona, quindi torniamo alla base del percorso: l'anima eterna non si danna, se non in teoria e con qualche eccezione, che facciamo più che altro per qualche fanatico moralista. Siamo eterni nell'anima. Siamo di passaggio col corpo. La loro convivenza è la gestione del nostro io. Che, secondo le lune e le situazioni atmosferiche che lo condizionano, ora pende a favore dell'una, ora dell'altro. La morte, indirettamente, proclama questa nostra eternità sganciando il carico del corpo e facendo ritornare l'anima al suo stato di eterna immensità, infinità, universalità.
 
 


COS'E' IL PECCATO


Cos'è il peccato? Ma prima di cercare di rispondere, chiariamoci bene: non stiamo parlando solo a livello religioso, ma umano: la riposta a questa domanda riguarda tutti, piccoli e grandi, atei e credenti, colti e no, proprio tutti e nessuno deve sentirsene esente. Bene. Chiarita la base del procedimento, procediamo spediti: il peccato, in due parole - anzi, una - è: artificiosità. Sì, e in ogni settore della vita. Tutto ciò che non è naturale, o meglio: che non tende alla naturalità, ma viaggia verso l'area dell'artificiosità, ecco, tutto questo diventa peccato. Sia bene, sia male, non è sottoposto a giudizio se non a quello dell'artificiosità. Ecco ciò che distingue chiaramente ciò che è peccato, in ogni tipo di umanità. E quindi, non è peccato ciò che tende alla naturalità di una realtà. La natura delle cose, di noi, degli altri e del mondo è l'unica divinità che - bene o male, volenti o nolenti - è condivisa, in modo naturale, da tutti. Ogni percorso che se ne allontana, va verso il peccato, e quindi lo è già.
 


L'ENERGIA DELL'AMORE E' L'ODIO

 
Amiamo tanto, ma odiamo ancor di più. E questo non perché siamo cattivi, no. Perché l'amore ha bisogno dell'odio per avere il suo carburante energetico. Per essere vero, l'amore deve essere vagliato e filtrato dall'odio. Sembra un assurdo, ma se ci pensiamo un momento, ci accorgiamo che senza l'odio l'amore non sussisterebbe se non come chimera e ipocrisia, come spesso emerge in chi dice di non odiare mai. Odiare è necessità, è legge e dovere morale, proprio per amare veramente e non idealmente. Se è vero che prima c'è sempre l'amore, in tutto, tutto deve sempre essere sostenuto dall'odio. Altrimenti, come spesso si constata, l'amore crolla al primo vento contrario. L'amore ha bisogno dell'odio per essere come quella casa fondata sulla roccia, che non crollerà mai di fronte a nessuna intemperia o avversità. L'unica cosa però che dobbiamo appuntare è questa: quest'odio non ha mai funzionato finora a sostegno dell'amore, perché? Forse perché invece di mettere questo carburante nel motore del nostro io, l'abbiamo gettato sugli altri per incenerirli?
 
 


DIO NON E' UNA DEMOCRAZIA


Quando diciamo che Dio è assoluto, che significa? Che è svincolato da tutti e da tutto? Bah, forse sì. Ma forse dietro la sua assolutezza non c'è altro che la sua identità, e tutto il resto può essere vagliato. Puoi far fare a Dio di tutto, e fargli dire di tutto, ma non potrai mai cambiare una cosa di lui: la sua identità. Questa è un assoluto, svincolata da tutto e da tutti, proprio perché libera in - appunto - assoluto. Tu puoi fare quello che vuoi a lui, e di lui, in bene o in male. Ma la sua identità originale non è soggetta a democrazia o a maggioranze di credenti o simili, è intoccabile: assoluta. La storia dell'umanità con Dio cambia, e sempre; ma l'umanità di Dio nella storia, quella non cambia mai, per l'eternità. La sua identità originale non è in gioco, non può essere messa in relatività, non dipende da nessun popolo. Questo garantisce la nostra democrazia vera: la libertà e l'umanità che stiamo vivendo anche ora.
 
 

IL PAPA CHE MI PIACE DI PIU'


Quante volte sentiamo dire: questo papa mi piace, o mi dispiace che sia così; quel papa di prima non mi piaceva, o mi piaceva per questo e per quello,...Valutiamo senza fede un segno di fede! Non possiamo criticare, allora? Certo che possiamo, anzi dobbiamo esercitar la critica. Ma non partendo da noi, non da noi! Non da noi, perché noi siamo i primi criticoni di ogni cosa, e siamo alla radice sempre, sempre, espressamente o occultamente e ipocritamente, pessimisti. Per fare la critica a un segno di fede e di credenza, non posso partire da me; e se lo faccio, lo devo riconoscere, è solo disprezzo o fanatismo, nel male o nel bene della mia considerazione. Un segno di fede deve partire dalla fede: credere che quel segno è dato per fede (non per i miei meriti, gusti o disgusti) qui e oggi, e nel qui e nell'oggi questo è il meglio e l'ottimo che si ha. In dono. Non per merito. Per questo ci stanno sbagli, limitatezze, carismi e attenzioni nel carattere di una persona che non intaccheranno mai il segno. Da questa premessa, ogni critica è avvallata, augurata e accolta, ma non per togliere il segno (è dono per fede), ma per viverne in sintonia da credente con esso. Buono o cattivo, quel segno ci sta salvando, se ci credi. Anche un peccato, in quest'ottica, ci porta a salvezza. Ma se non ci credi, peccato che ti stai perdendo la fede!
 
 

ANIMALISTI ALLO SPECCHIO


Siamo tutti animalisti, oggi. Vogliamo la natura, sì, sotto i nostri piedi però: guai se lei ci calpesta! Guai a chi non la pensa come noi, li calpestiamo! Guerra ai guerrafondai! E così ne facciamo una in più. Ma a proposito di animali, perché ne difendiamo alcuni e altri no? I cani, sì, vada anche per i gatti; ma le formiche, le zanzare e le mosche, perché non meritano altrettanta dignità? Perché non teniamo anche le pantegane come amiche, e non diciamo nulla contro la derattizzazione? Facendo la distinzione tra uni e altri, quelli nostri amici e quelli non degni delle nostre considerazioni, non difesi da nessuna delle nostre associazioni animaliste, forse ci accorgiamo del vero perché. Del perché amiamo cani e gatti e simili, e non altri. Perché difendiamo alla fin fine solo il nostro io, il nostro piacere di averli alla nostra mercè, di farli schiavi delle nostre libere passeggiate, di avere la coscienza a posto in quanto non difendendo più i diritti umani di tutti noi, ci illudiamo difendendo a spada tratta il nostro diritto su alcuni di loro. Ma quando ci ergiamo a difensori, non ci ricordiamo più del detto: la prima gallina che canta ha fatto l'uovo? Come a dirci che i primi in colpa siamo noi, siamo noi animalisti i primi stupratori degli animali, per la nostra misera gloria di passaggio, proprio come ricorda il canto della gallina.
 
 

L'IO POMPATO


Il rigor di logica oggi non esiste più. O meglio, esiste, ma solo in teoria. Sta di fatto che le nostre esperienze, anche le più becere, hanno fatto da padrone in ogni ragionamento, e hanno - usando un'immagine - forato il pneumatico logico. Per cui il viaggio della logica va sempre più lentamente, pesantemente, pericolosamente e rischiosamente portato avanti. La logica ormai va ad essere considerata un pneumatico - uso ancora questa immagine perché richiama l'animus - in esaurimento. Si pompano invece le passioni, si rigonfiano le emozioni, si esaltano le istintività, per cui le stesse virtù spompate riappaiono ancora in teoria, ma diventano ora pompose esperienze del momento assunte alla guida dell'io pneumatico. Sgonfiata la logica, l'io illogico si pone alla guida della nostra umanità, e dandoci dentro a più non posso, cavalca la storia di ognuno di noi.
 
 

BOOMERANG


Tutto quello che usiamo torna sempre e comunque, prima o poi, direttamente o indirettamente a noi. Non si tratta di karma o contrappasso, ma di avere fatto semplicemente un passo, che può essere di attenzione o di distrazione da quella realtà. Fatto il passo, se usiamo attenzione, quella realtà tornerà a noi per il meglio, per un nostro progresso, fosse anche la cosa più atroce con la quale avevamo avuto a che fare. Ma se saremo distratti dopo aver fatto il primo passo, quella realtà giungerà a noi in modo inatteso, improvviso e recandoci solo danno, fosse anche la cosa più bella del mondo. Lo sarà stata in sé, ma non per noi. Un boomerang, la vita, con la quale possiamo giocare ogni giorno; o un'arma a doppio taglio, che ci colpirà al collo, tradendoci nella nostra superficialità.
 
 

DA QUANDO...


Da quando qualcuno che sia in alto o in basso ci diede una certa libertà, abbiamo avuto il potere di scegliere per i nostri interessi, spacciandoli per altruismo, per generosità o gratuità, per motivi religiosi, sociali e volontari. Ma, alla fin fine, ciò che resta al resoconto della storia oggi è soltanto aver fatto tutto quanto per il nostro io, per quell'ego superpotente e altamente ingannevole che dà a noi e agli altri la parvenza di una umanità indifesa per la quale dobbiamo combattere -partendo dai più deboli - ma che rivela che solo noi, solo noi siamo degni di essere acclamati per il nostro operato.