Non danniamoci l'anima, perché l'anima prima che si danni ce ne vuole, eccome. Perché il corpo la potrà contaminare e infangare fin che vorrà, ma alla fine lui finirà, proprio come è iniziato, e quindi il suo potere sull'anima non sarà mai assoluto, come mai lo è stato. Anche il più Giuda, impiccando il suo corpo al cappio della propria fine, riconosce di fatto e per forza questa affermazione. Mentre l'anima è eterna, e prima di dannarcela ce ne vuole. Potrebbe essere possibile, ma proprio con tutta l'anima...ma con tutta l'anima, non avremo più il corpo che la condiziona, quindi torniamo alla base del percorso: l'anima eterna non si danna, se non in teoria e con qualche eccezione, che facciamo più che altro per qualche fanatico moralista. Siamo eterni nell'anima. Siamo di passaggio col corpo. La loro convivenza è la gestione del nostro io. Che, secondo le lune e le situazioni atmosferiche che lo condizionano, ora pende a favore dell'una, ora dell'altro. La morte, indirettamente, proclama questa nostra eternità sganciando il carico del corpo e facendo ritornare l'anima al suo stato di eterna immensità, infinità, universalità.
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